mercoledì 25 agosto 2010

estate 2010 - elaborazione-vedute di Varigotti


collage digitale su diseno a penna

collage digitale su disegno a penna

domenica 8 agosto 2010


collage su stampa fotografica B&N (18 x 24 cm)

collage su stampa fotografica B&N (18 x 24 cm)

collage digitale su disegno a penna

sabato 7 agosto 2010


collage su stampa fotografica in B&N (non finito)

collage digitale su guazzo

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Serata di Claudio Bagetto

Dialogo con l'attimo
di Mauro Abba

“Oh, Provvidenza, fà che appaia per me almeno un giorno di gioia.”
L.v. Beethoven, da Il Testamento di Heiligenstadt [1]


I.
L'improvvisazione - per sua profonda natura - vive nell'attimo, dell'attimo; come dire: fa l'amore con l'attimo. L'improvvisazione è la forma più vicina a quell'idea pura che nella sua reciproca azione con la realtà manifesta il pensiero del (suo) creatore.
Detto in altre parole: in questo rapporto tra idea e creazione, l'improvvisazione ci pone in diretto contatto con la genesi dell'opera e (nell'opera) ci permette di assistere alla nascita della creazione.

II.

Questa sera siamo qui per ascoltare l'opera di un musicista che di tutto questo è maestro.

L'arte di Claudio Bagetto è la più diretta manifestazione del continuo flusso tra pensiero e idea, idea e pensiero.

L'idea alla base, che viene sviluppata dal pensiero armonico, melodico e modale, è il senso profondo del suo modo di suonare e intendere il "fare musica". La musica infatti si fa, si crea nell'attimo in cui vive e suona, e l'attimo nasce, come per incanto, da un intenso e continuo abbraccio di idea e pensiero, sviluppo e forma.

Per mia fortuna, mi capita spesso di vedere (...sentire) Claudio suonare; è un'esperienza potente. Già nell'atto di posare le sue mani sul pianoforte si avverte il gesto di chi milioni di volte, in questa vita e di certo in altre prima di questa (sic!), ha percorso in lungo e largo, in alto e basso, i tasti del suo strumento. E' il gesto che contiene tutto il suo modo di fare musica.


III. (Gesto)

"E' il gesto la fase iniziale dell'opera, il momento che contiene tutto, in cui l'artista sa cosa deve dire. In questa conoscenza esiste in germe del risultato finale. Una grande personalità la si riconosce da questo gesto. Nel particolare vi è tutto”.[2]

Queste parole ci dicono che al gesto è legata la realtà interiore come rappresentazione fisica, immanente.

Il gesto di Claudio è "portato" dall'alto: come una marionetta guidata dal suo creatore, egli compie tutto il cerchio che divide l'essere guidato dal guidare. Una specie di trance. Le braccia si stendono in un abbraccio dell'orecchio, in cui l'occhio controlla ciò che le dita producono. E' un gesto ampio, fluido e sopratutto necessario. Nulla è di troppo. Tutto è suono.


IV.

Per mia fortuna, mi capita spesso di vedere (...sentire) Claudio suonare. In questi momenti mi pare che la dicotomia tra arte e vita si spezzi. La vita è l'arte. Questo momento è un momento di arte.

E' l'arte. (Pausa)

Una specie di sacralità avvolge questi attimi di intensa-vorticosa attività gestuale, sonora, fatta di suoni e silenzi, di suoni che ascoltano suoni, di onde che inseguono onde.

Claudio suona.

Claudio è il traghettatore d'onde, per evocare un'immagine nota: e' il Caronte dei propri suoni, che conosce e conduce con l’abile remata in un flusso che governa anche nella tempesta e nell'onda (sonora) alta. E' il creatore dei propri suoni. E si avverte che nel contempo egli stesso (è il primo che) subisce il fascino (quasi totale) di quei suoni che genera e con il suo gesto produce.

Claudio ascolta.

E nell'atto d’ascoltare rimette in vita ciò che era svanito, resuscita e sparge suoni vicini e lontani.


V.

Ogni musicista, in fondo, se è vero musicista, agisce così...

Vero. Ma la differenza di fondo sta in questo: Claudio mentre suona non legge uno spartito dato, un foglio che sta orgogliosamente diritto sul leggio dello strumento.

No... Claudio quello spartito lo crea davanti ai suoi occhi nell'attimo esatto in cui le dita scorrono sui tasti. Claudio riempie un foglio che non c'è, riempie un foglio che non ha dimensione, che si (e)stende nello spazio e nel tempo, completandosi nello spazio dei propri suoni.

(Interessante...)

E' lo spartito senza fine dei propri suoni, raccolti in una vita di musica, a contatto con la Musica, in un esercizio quasi sacerdotale dell'arte dei suoni, votato al culto d'Euterpe.[3]

VI. (Apprendistato)

Delle sue vite passate (sul cui numero nessuno ha certezze, e aleggiano nel mito dell'ignoto).

Si sa che fin dalla più giovane età passò settimane, quindi mesi e poi anni nel votato ascolto delle opere dei grandi Maestri del passato, in un apprendistato degno del Wilhelm Meisters goethiano. E altrettante settimane quindi mesi e poi anni leggendo spartiti, partiture, opere e libretti di tutti i grandi capolavori di quegli stessi Maestri. Alla fine imparò a considerare (chi sa a ragione) Bach, Mozart, Liszt e Schubert non solo suoi colleghi bensì compagni nel cammino della vita.

Di Beethoven ("Ludovico") egli nutre un senso particolare. "Affinità elettiva" è forse termine riduttivo. Beethoven è il vero suo fratello di sangue e di spirito. Beethoven è anche la nemesi del proprio destino: "gramo, ingiusto e senza criterio",[4] come recita il celebre testamento detto di Heiligenstadt. Di Beethoven ("Ludovico") egli conosce ogni musica, e non di rado ho visto scendere le sue lacrime su una Appassionata o una Hammerklavier op.106 (specie il quarto tempo, la Fuga a tre voci, con alcune licenze)...
Si dice poi che convisse per lungo tempo con un pianoforte a mezza coda[5] facendo della coda il proprio tetto. Si narra che in quel periodo l’unico sostentamento provenisse dalle note del pianoforte a mezza coda, da cui attingeva notte e giorno, giorno e notte accanto ai suoi compagni di vita.

Beethoven, Bach, Mozart, Liszt e Schubert... i compagni di vita: presenze altrettanto tangibili nell’atto di suonare, di passeggiare per strada, di conversare, di ragionare...

Non conosco nessuno che riesca a fare di questi “defunti” delle presenze reali, vitali, essenziali. Presenze che non vivono solo nella loro musica; ma se la dicotomia tra arte e musica è infranta, vivono nella quotidiana realtà della sua vita. (Strano fenomeno!)

VII. (Eccentrico?)

Di certo chi conosce Claudio sa di che cosa sto parlando. Chi non lo conosce, non ne resta indifferente. Questo strano personaggio, che porta con se stesso i secoli della storia della musica, che è in grado di presentare Beethoven (“Ludovico”) come il suo migliore amico, non può che incuriosire...

Ma la bizzarra impressione che suscita rischia di fare passare in secondo piano la vera natura della sua arte. In un epoca che – chi non lo sa? - mette l’apparire al primo comandamento, e sostituisce la forma alla sostanza, il nostro non può che essere “fuori tempo”!

E talvolta penso a Claudio come all’ultimo dei bohemiens...

In questa sua appartenenza fuori tempo, Claudio rischia di rimanere incastrato dal suo tempo: quello in cui vive, in cui noi viviamo.

Ma questa sera si presenta davanti ai nostri occhi l’artista: nudo nella sua carica creativa, vestito soltanto dell’atto di manifestare il senso profondo della sua musica.

Solo questo è il vero contesto nel quale Claudio è il vero Claudio.


VIII.

Per ascoltare Claudio è quindi necessario ascoltare Claudio.
Lasciare scorrere le sue note, i suoi suoni, lasciarli liberi di parlare.
Sentiremo una musica che non si fa prendere subito, che non ha un tempo conosciuto, che non si riesce (se non per brevi tratti) a fischiettare. Da lì a poco la magia dello scorrere dei suoni scenderà nel profondo, piano e forte, suoni inseguono suoni, silenzi riempiono silenzi.

Come da lontano la musica di Claudio racconta.

Basta lasciarla parlare...


IX (Apparizioni)
E in questo senso il concerto di oggi ha per titolo "Apparizioni". Dirette apparizioni di questo rapporto tra suono e silenzio, di vita e arte; apparizioni di attimi di intenso lirismo; apparizioni di suoni e di immagini dello spirito.

Come riferimenti spazio-temporali (trovandoci nello studio di un pittore...), Claudio userà dei quadri, pitture del passato e del presente, che scandiranno l’ordine dei movimenti.

Sono riferimenti ideali, che alimentano lo scorrere delle idee.

Non sono descrizioni letterali.

Del resto Stravinsky (“Igor”) diceva che... la musica nel suo fluire non esprime altro che se stessa. Sono apparizioni di idee pittoriche che si aprono davanti ai nostri occhi.

Come i suoni sono le apparizioni e rappresentazioni degli spazi interiori.

La musica del resto è una grande pittura che svela attimo dopo attimo il quadro che compone, tratto dopo tratto, suono dopo suono.
Apparizioni.



(scritto a Torino, nel mese di maggio del 2010)



[1] Per i miei fratelli, da leggere dopo la mia morte”

[2] .G. Panza di Biumo, "La collezione Panza al Palazzo Ducale di Gubbio", op. cit. p.36

[3] Nella mitologia greca Euterpe è una delle Muse, figlie di Zeus e Mnemosine. È la musa della musica, più tardi anche della poesia lirica, e secondo alcuni inventrice dell'aulos. Il suo nome deriva dal greco “bene” e “piacere”, e significa "colei che rallegra". Da Wikipedia.it, voce “Euterpe”.

[4] Potrebbero essere parole del nostro...!

[5] Si tratta di un pianoforte Stainway, il cui numero di serie – astralmente compatibile - è inciso sulla sua anima...

Foto di Gianni Fioccardi

Foto di Gianni Fioccardi